Distruggere il primo della classe. Nuove forme di Bullismo.


bullismo sul primo della classe

di Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)
La cronaca ci regala purtroppo un altro caso di bullismo che qualcuno ha definito di stalking. È accaduto nella provincia di Rimini: sette ragazzi sedicenni hanno aggredito un loro coetaneo, che vessavano già da molto tempo sia a scuola che sui social network. Questa volta il dettaglio che cattura la mia attenzione è che il ragazzo che ha dovuto subire tutto questo non è la classica vittima di bullismo, cioè un ragazzo o una ragazza con difficoltà relazionali, con bassa autostima, difficoltà emotive e basso rendimento scolastico; questa volta la vittima è il primo della classe.
Tale episodio apre le porte ad uno nuovo dibattito sulla questione, poiché introduce la tematica dell’invidia nella sua forma più misera. Perché misera? Perché i ragazzi sono sempre più soli nel loro percorso di crescita, non hanno cioè modelli di identificazione “validi”; inseguono la propria autoaffermazione attraverso modelli che non sono reali, non sono per intenderci modelli comportamentali proposti da un padre, un parente, uno zio, un nonno, sono modelli vuoti costituiti per lo più da immagini che rimandano a desideri di tipo consumistico e desiderio di possesso perlopiù di oggetti. Non rimandano mai ad una forma di desiderio più autentico che vada cioè nella direzione dell’ “essere” qualcuno.
La vacuità della società dei consumi propone, a portata di telecomando e di click,  pure immagini di oggetti e stimola esclusivamente al desiderio dell’oggetto. A questo livello le false identificazioni lasciano un vuoto che si riempie di invidia e la sofferenza non scaturisce da una causa soggettiva, ma da un non poter arrivare dove altri arrivano; l’invidia dà luogo ad un sentimento di impotenza e di sofferenza. Accade così che se si imbattono in un modello positivo, ad esempio il caso del primo della classe, il modo più sicuro per far fronte a tali sentimenti è eliminare il problema alla radice: massacrare il modello positivo, aggredirlo, distruggerlo e renderlo impotente.
Ma come si può uscire da tutto questo? Qual è la cura?
La parola d’ordine è prevenzione. In famiglia, a scuola, sui social network, in televisione, creare nuovi modelli in cui i ragazzi possano identificarsi in maniera sana, tentando di sganciarli dalla soddisfazione del possesso. L’utopia è agire su ampia scala, ma si può fare tanto anche partendo solo dalle scuole e dalle famiglie. E in tali contesti lo Studio Atena può fare molto, lavorando sia sull’istituzione scuola, con gli insegnanti ed i ragazzi, sia con le relative famiglie.

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