SOS INFANZIA IL SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ

Costruire una famiglia

di Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)
Le diagnosi aumentano e i dati Istat ce lo dimostrano: DSA, ADHD, DSL, BES. Nell’anno scolastico 2015 - 2016 gli alunni con disabilità nella scuola primaria sono 88.281 (pari al 3% del totale degli alunni) e nella scuola secondaria di I grado sono 67.690 (il 4% del totale). Di tali disabilità i problemi più diffusi sono la disabilità intellettiva, i Disturbi Specifici dell'Apprendimento e dello Sviluppo. Si sta assistendo ad una vera e propria “patologizzazione dell’infanzia”, tale per cui la disabilità intellettiva infantile sembra essere diventata la norma.
Ma cosa sta accadendo? E soprattutto quali sono gli strumenti per arginare tale fenomeno?
Ciò che verifichiamo nella nostra pratica è che a fronte di tale aumento si manifesta  da parte del genitore l’esigenza sempre più stringente di confrontarsi con una figura professionale specifica che possa accoglierlo, ascoltarlo e guidarlo nelle fasi difficili del percorso educativo dei propri figli.
Spesso i genitori non sanno a chi rivolgersi: neuropsichiatra, psicologo, pedagogista, psicomotricista, tecnico DSA. Ciò che sosteniamo noi dello Studio Atena è che le problematiche dell’infanzia esprimono sempre un deficit a livello educativo. È per questo che l’ideale sarebbe effettuare una Consulenza Genitoriale ai primi campanelli d’allarme. Le problematiche infantili, nella maggior parte dei casi, sono l’espressione di un bisogno o di bisogni educativi che inconsapevolmente non vengono attivati da parte del genitore. A volte si tratta veramente di poco.
Noi sosteniamo che mettere il genitore nella condizione di prendere consapevolezza delle proprie pratiche educative, della loro efficacia e della loro eventuale interferenza con le difficoltà specifiche del proprio figlio, è il presupposto indispensabile e complementare per il successo di qualsiasi trattamento riabilitativo. Il Sostegno alla Genitorialità, che è comunque un lavoro clinico, è uno strumento indispensabile per il miglioramento del bambino che manifesta dei sintomi specifici. Noi dello Studio Atena abbiamo strutturato tale pratica in cicli d’incontri rivolti al genitore o alla coppia genitoriale del bambino “con problemi”, in cui sotto la guida di una psicologa e di una pedagogista in co-presenza, si centra la problematica specifica e viene identificato il bisogno educativo. Incontro dopo incontro vengono forniti agli adulti gli strumenti adatti alla risoluzione del problema del bambino, verificando di volta in volta i traguardi raggiunti sul piano individuale, familiare e scolastico.
Si attivano in questo modo tutte le risorse di cui il genitore dispone, ma di cui non era consapevole ed oltre al miglioramento del bambino, aumenta l’autostima dei genitori e si stabiliscono relazioni familiari più soddisfacenti oltre che più autentiche.

Cambiare alcune pratiche educative per assumerne delle nuove che siano più funzionali al benessere del proprio figlio che si trovi in una delle precedenti fasi, è il nostro fattore di successo nella cura delle più diffuse problematiche dell’infanzia. Per chi volesse ricevere maggiori informazioni, ci può contattare il numero 342.9204614.

Distruggere il primo della classe. Nuove forme di Bullismo.


bullismo sul primo della classe

di Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)
La cronaca ci regala purtroppo un altro caso di bullismo che qualcuno ha definito di stalking. È accaduto nella provincia di Rimini: sette ragazzi sedicenni hanno aggredito un loro coetaneo, che vessavano già da molto tempo sia a scuola che sui social network. Questa volta il dettaglio che cattura la mia attenzione è che il ragazzo che ha dovuto subire tutto questo non è la classica vittima di bullismo, cioè un ragazzo o una ragazza con difficoltà relazionali, con bassa autostima, difficoltà emotive e basso rendimento scolastico; questa volta la vittima è il primo della classe.
Tale episodio apre le porte ad uno nuovo dibattito sulla questione, poiché introduce la tematica dell’invidia nella sua forma più misera. Perché misera? Perché i ragazzi sono sempre più soli nel loro percorso di crescita, non hanno cioè modelli di identificazione “validi”; inseguono la propria autoaffermazione attraverso modelli che non sono reali, non sono per intenderci modelli comportamentali proposti da un padre, un parente, uno zio, un nonno, sono modelli vuoti costituiti per lo più da immagini che rimandano a desideri di tipo consumistico e desiderio di possesso perlopiù di oggetti. Non rimandano mai ad una forma di desiderio più autentico che vada cioè nella direzione dell’ “essere” qualcuno.
La vacuità della società dei consumi propone, a portata di telecomando e di click,  pure immagini di oggetti e stimola esclusivamente al desiderio dell’oggetto. A questo livello le false identificazioni lasciano un vuoto che si riempie di invidia e la sofferenza non scaturisce da una causa soggettiva, ma da un non poter arrivare dove altri arrivano; l’invidia dà luogo ad un sentimento di impotenza e di sofferenza. Accade così che se si imbattono in un modello positivo, ad esempio il caso del primo della classe, il modo più sicuro per far fronte a tali sentimenti è eliminare il problema alla radice: massacrare il modello positivo, aggredirlo, distruggerlo e renderlo impotente.
Ma come si può uscire da tutto questo? Qual è la cura?
La parola d’ordine è prevenzione. In famiglia, a scuola, sui social network, in televisione, creare nuovi modelli in cui i ragazzi possano identificarsi in maniera sana, tentando di sganciarli dalla soddisfazione del possesso. L’utopia è agire su ampia scala, ma si può fare tanto anche partendo solo dalle scuole e dalle famiglie. E in tali contesti lo Studio Atena può fare molto, lavorando sia sull’istituzione scuola, con gli insegnanti ed i ragazzi, sia con le relative famiglie.

La violenza ai tempi di youtube: perché Tiziana e Carolina sono state vittime di cyberbullismo

cyberbullismo

di Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)
Le storie di Tiziana e Carolina non possono non aprire una riflessione e analisi di ciò che sta accadendo e si impone alle nostre coscienze.
Le riflessioni da fare sono essenzialmente due: da un lato la questione del femminile e dell’enigma del godimento femminile che, come ci dice Jacques Lacan, è un godimento Altro, diverso da quello maschile, non è un godimento fallico e per questo indecifrabile e singolare. Il godimento femminile non è culturalmente considerato alla stessa stregua di quello maschile, una tendenza arcaia, che come tale va assolutamente affrontata. Dall’altro la questione della sessualità e dell’orrore che questa può suscitare in giovani ragazzi che non hanno avuto una educazione “emotiva alla sessualità”. Su questo punto va considerato il grosso paradosso, e se vogliamo “inganno”, dell’avvento di internet che avrebbe dovuto favorire la comunicazione, favorire gli scambi di informazione e culturali ma che ha trovato una società impreparata e per questo vulnerabile. Se permettiamo ad un bambino di 6 anni di navigare su internet liberamente, lo esponiamo alla probabilità di imbattersi in scene a lui “simbolicamente sconosciute”. Ciò che noi dello Studio Atena vi consigliamo è di preparare i bambini a questa eventualità, in modo da fornirgli gli strumenti utili per decodificare certe immagini, che altrimenti potrebbero traumatizzarli e angosciarli. E si sa all’angoscia ogni soggetto risponde come può.
In tale accezione non è da escludere che, ad esempio, nel caso di Carolina, dietro questi episodi non ci sia una volontà inconscia da parte di chi ha filmato e diffuso i video di esorcizzare l’orrore del sesso “non umanizzato”, del sesso privo di qualsiasi coordinata simbolica, quello visualizzabile su internet, quello che si esprime in una scena “Altra” da sé e che non esprime un minimo di legame amoroso.
Questi ragazzi sono tutti vittime e bisogna intervenire ora.
Quello che noi dello Studio Atena possiamo fare per queste nuove generazioni è lavorare al fianco della scuola, ma anche e soprattutto al fianco delle famiglie, dei genitori che molto, troppo spesso, sottovalutano la gravità di non affrontare le questioni della sessualità dei propri figli e, oramai, della pornografia a portata di clic.
In primis i genitori devono affrontare le proprie paure, i propri tabù e dotarsi di coraggio e determinazione nell’accompagnare i figli in questa traversata faticosissima che è l’adolescenza.
Devono affrontare le proprie difficoltà a farlo e dialogare costantemente con i propri figli, nella maniera corretta, senza paure ed inibizioni e non tralasciando mai un aspetto essenziale: quando parliamo con loro non omettiamo mai le parole “amore” e “desiderio”!

La legge dà ragione al perverso

corte cassazione

di Alessandra D'Alesso (Psicologo clinico)

La Corte di Cassazione ha eliminato gli effetti penali della condanna per atti osceni in luogo pubblico. Tale decisione ha un valore simbolico molto forte al di là del fatto che siano comunque previste delle multe onerose.
Ma se il perverso che nei suoi atti osceni sfida la legge nel tentativo di svilirla e di dimostrare che l’unica legge possibile è quella della pulsione sessuale, perché l’autorità sceglie di assecondarlo? È un fatto nuovo e pieno di spunti di riflessione. Questo “allentamento” sulla regola è figlio di un permissivismo dilagante, al quale stiamo assistendo a tutti i livelli: famiglia, scuola, istituzioni.
La legge regola e dunque disangoscia l’essere umano: dove non c’è legge c’è angoscia. Come dice J. Lacan senza Legge non vi sarebbe possibilità per alcun patto sociale: essa assurge a garante dell’ordine simbolico-politico.
Il divieto,
inoltre, introduce il soggetto nel campo del desiderio, non si può desiderare se non attraverso una mancanza. Allora come si fa a non promuovere una riflessione su questa sentenza che di per sé agisce su quegli argini simbolici necessari alla società.
Il perverso non tenta di trasgredire la legge, ma sfida la legge per affermare la propria pulsione sregolata ed imporla agli altri. Egli vede nella legge l’ostacolo al proprio godimento più sfrenato e senza limiti;  da oggi la legge gli dà un pò ragione, e questo non è un dato confortante.
La sessaulità umana, a differenza di quella animale, è molto articolata e complicata; nella sfera sessuale il soggetto mette in gioco i propri fantasmi, le proprie questioni ed i propri sintomi. Questa sentenza si inserisce in un contesto più ampio e culturale che vede, sbagliando, nel permissivismo una nuova forma di regolazione umana. Il rischio di una evoluzione più ampia di tale tendenza è il vuoto di desiderio: cosa si può desiderare dal momento che il desiderio nasce dalla mancanza, se tutto diventa possibile? Come faranno in questo scenario il loro ingresso nella sessualità le nuove generazioni di adolescenti?

AIUTO sono un dipendente affettivo

L'amore come dipendenza

di Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)

Chi è il dipendente affettivo? A quale tipo di bisogno risponde?
"Non posso fare a meno di lui/lei, vivo per lui/lei e pretendo che faccia altrettanto. Se non risponde al telefono vado nel panico ed esigo spiegazioni. E che sia un motivo valido! Il problema è lui che non mi ama, non io!"
Queste alcune delle frasi dei pazienti che arrivano da noi allo Studio Atena.
Ma realmente cosa caratterizza questa dipendenza da un partner al punto tale da rendere la relazione assolutamente patologica? Il problema è davvero il partner poco rassicurante o c’è dell’altro?
In giapponese c’è un termine che designa la dipendenza affettiva ed è la parola Amae, un termine che non esiste nella cultura occidentale e che indica l’attaccamento del bambino alla propria madre, una sorta di avviluppamento simbolico della madre con il proprio bimbo che insieme non rappresentano “due entità” bensì “una”. Anche Jacques Lacan, psicoanalista francese, parla di difficoltà da parte di un uomo e di una donna ad essere in due perché l’amore pretende, attraverso la fusione, di essere uno. Lacan si spinge addirittura oltre, affermando che l'amore è la cura stessa dell'impossibilità di essere "uno".
In psicoanalisi, infatti, la dipendenza affettiva e l’amore in generale si dipanano intorno a tale questione; c’è qualcosa di insopportabile nell’essere due entità in amore e la dipendenza affettiva si situa proprio in quell’insopportabile, poiché la prima forma di amore è quella con la madre ed è un Aime, una situazione cioè in cui si fa “uno”, ma è altresì una situazione irripetibile e finchè il soggetto, seppur a livello inconscio, cercherà di ripercorrere quella prima forma di amore, non potrà che esserne deluso e non potrà far altro che soffrire.
Ciò che caratterizza la dipendenza affettiva è la ricerca di quell’amore primordiale, irripetibile ed unico. La madre dà amore e se stessa come oggetto ed offre al bambino una conferma sulla propria identità nonchè di quanto sia desiderato.
Rispetto a questo si può affermare che la dipendenza affettiva è una estremizzazione dell’Amore, un prolungamento molto sintomatico dell’amore stesso, tuttavia ciò che la determina, come tutte le scelte amorose in generale, è l’inconscio e l’unico modo di interrogarlo è rivolgersi ad un professionista in grado di far lavorare il soggetto sulle proprie questioni e sulle cause individuali che lo muovono nella sua incessante ricerca di riconoscimento da parte dell’Altro e che possa condurlo alla sperimentazione di altre tipolgie di rapporto.

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