Emergenza DSA- Disturbi Specifici dell’Apprendimento: come intervenire nella diagnosi e nella cura

DSA Disturbo specifico dell'apprendimento nei bambini

di Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)

Stanno crescendo in maniera esponenziale le diagnosi accertate di DSA infantili, basti pensare che nel Lazio la percentuale si aggira intorno allo 0,9% della popolazione  scolastica ed il dato è in crescita. Nonostante la loro diffusione sono ancora poco conosciute; nella maggior parte dei casi sono le insegnanti a cogliere i primi segnali che possono far pensare ad un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, generando molto spesso nei genitori sentimenti di paura, ansia e smarrimento.
Ma cosa sono le DSA e qual è la soluzione più adeguata alla cura del bambino con diagnosi certa o sospetta e soprattutto come si possono mettere le famiglie nella condizione migliore per affrontare questo problema?
In letteratura le DSA sono suddivise in 4 categorie: Dislessia, Discalculia, Disortografia e Disgrafia.
A seconda del caso sono coinvolte in tali disturbi l’abilità di lettura, di scrittura e di calcolo. Vengono considerate delle atipie dello sviluppo neurobiologico del bambino che si compensano attraverso l’utilizzo di strumenti specifici denominati “compensativi” che, caso per caso, rendono la didattica del bambino o del ragazzo più fruibile. Nelle diagnosi certe, che possono essere effettuate sia in strutture pubbliche che private, la prima cosa da fare è mettere al lavoro il bambino con un Tecnico dell’Apprendimento esperto, che da un lato potrà favorire un percorso di potenziamento di alcune aree cognitive e dall’altro potrà svolgere la funzione di un vero e proprio doposcuola didattico.
Fin qua i dati certi, ma nel nostro studio, lavorando con questi bambini e con le loro famiglie, abbiamo notato che sia nei casi di diagnosi certa, ma anche e soprattutto in quelli border-line, ossia non propriamente diagnosticati, il lavoro con i genitori diventa di importanza fondamentale.
A partire da un paio di casi in cui avevamo il bambino inserito in un percorso di sostegno didattico ed uno o entrambi i genitori in terapia o in consulenza sulla genitorialià, abbiamo constatato che i progressi del bambino andavano di pari passo con l’assimilazione da parte del genitore di alcune pratiche fondamentali al miglioramento della condizione del bambino. In alcuni casi si tratta solo di fissare delle regole o delle buone abitudini familiari, in altri di affrontare insieme un cambiamento o un evento traumatico, ma tale condizione si è rivelata essenziale per il progresso anche didattico del bambino. Basti pensare a come la memoria e l’attenzione siano strettamente legate alla serenità interiore del bambino che, se angosciato da qualsivoglia evento familiare, passerà tutto il suo tempo a scuola a ri-pensare, ri-muginare e dare significato all’evento, distogliendo tutte le sue energie dal contesto scolastico.
Il nostro metodo prevede che accanto all’assistenza didattica del bimbo si svolgano in contemporanea degli incontri mono o bisettimanali, a seconda del caso, in cui una pedagogista ed una psicologa esperte costruiscono un percorso ad-hoc con la finalità di ricreare un ambiente familiare adeguato alle esigenze del bambino e di conseguenza di tutta la famiglia.
Per chi fosse interessato può contattarci al numero 342 9204614. Lo Studio Atena mette a disposizione un colloquio preliminare gratuito per la valutazione del caso ed esplicitazione del metodo.

La Fase dei morsi - 3° parte

bambini mordono anche dopo i 3 anni

di Rosa Linda Gulino (Pedagogista)

Può comunque capitare che anche dopo i tre anni i bambini continuino a mordere.
In questo caso bisogna capire quali sono le situazioni che lo portano a compiere il gesto e cogliere le emozioni che stanno dietro.
La tendenza a mordere, se continua nel tempo, potrebbe essere la spia di qualche altro problema.
Potrebbe rappresentare un'esternazione di emozionalità che il bambino fatica ad accettare e a gestire. Se morde quando è arrabbiato, non censurate l’emozione che prova, ma solo il gesto che ha prodotto, e chiedetegli di spiegarvi i motivi della sua rabbia. Fategli capire che se pure condannate il comportamento siete disposti ad accogliere lo stato d’animo che lo ha prodotto e a capirlo.
Evitate inoltre di assumere comportamenti punitivi fisici, perché sarebbero in contraddizione con quanto vogliamo insegnargli e non lo aiuterebbero nel superamento di questa fase.
Identificate le “situazioni critiche” e cercate di capire cosa provoca il gesto aggressivo.
Non dimenticate di sottolineare i suoi progressi, di lodarlo, quando, nelle situazioni in cui di solito ricorre al morso, si tratterrà dal farlo.
Tuttavia se i morsi non accennano a diminuire o se capite che ci sono altri problemi di comportamento nel bambino che possono determinarli, ricorrete ad uno specialista.
Ci sono, infine, bambini che non mordono gli altri ma se stessi: in genere le ragioni di queste forme di autolesionismo precoce vanno ricercate in situazioni di vita vissute dal bambino come stressanti e ansiogene, fonte di frustrazioni che il bambino non sa affrontare. Ci sono bambini che iniziano a mordersi per manifestare emozionalità represse che non gli è consentito esprimere, specie la rabbia.
Per questo è molto importante aiutare i bambini, durante la loro crescita, a conoscere, accettare e gestire il proprio complesso mondo emotivo.

La Fase dei morsi - 2° parte

bambini due anni che mordonodi Rosa Linda Gulino (Pedagogista)

Crescendo i bambini attraversano una nuova fase, quella in cui vogliono affermarsi sugli altri.
I morsi, che in un primo momento rappresentavano un modo per conoscere il mondo attorno a loro, diventano uno strumento per ottenere il gioco del fratellino o dell'amichetto.
È bene precisare che per un bambino di due anni un po' di sana prepotenza è un fatto assolutamente fisiologico e non è indice di aggressività.
Significa semplicemente che impara ad usare il morso con uno specifico scopo, quello di primeggiare sugli altri.
Questo comportamento rientra nel naturale processo di crescita dei bambini e nasconde un bisogno che a questa età inizia a nascere: il bisogno di comunicare.
Il bambino ha scoperto un potente mezzo di autoaffermazione e difficilmente vi rinuncerà, a meno che non abbia un altro modo per ottenere la stessa cosa.
In questo senso, il nostro consiglio è di lavorare con i bambini, insegnando loro ad esprimere a parole le proprie intenzioni, senza dover ricorrere ai morsi.
“Dì a Giacomo che la macchinina è tua e la rivuoi” , “Dì ad Alice che adesso non vuoi giocare con lei e vuoi continuare a fare le costruzioni!”
Quando un bambino capisce che le parole sono “magiche”, che contengono un “potere”, ovvero gli permettono di affermarsi, di solito mostra di voler provare l’efficacia di questo nuovo strumento e se guidato e aiutato da noi adulti, impara presto che, quando se ne presenta l’occasione, può usare la comunicazione verbale al posto del gesto aggressivo!
Di solito, proprio per l’aumento delle competenze comunicative, intorno ai tre anni, la tendenza a mordere scompare naturalmente.

La Fase dei morsi - 1° parte

bambini che mordonodi Rosa Linda Gulino (Pedagogista)

La “fase dei morsi” comincia a manifestarsi già molto presto, fin da quando spuntano i primi dentini, perché il bambino si trova in quella che è definita la sua “fase orale”.
Nei primi mesi di vita la bocca è per ogni bambino sia fonte di soddisfazione legata all’assunzione del cibo, sia il modo migliore per imparare a conoscere il mondo intorno a lui.
Questo primo modo di mordere è quindi semplicemente legato alla scoperta e all’esplorazione delle cose che sono alla sua portata.
È intorno al primo anno anno di età che il bambino si accorge che il morso può attirare l’attenzione su di sé da parte degli adulti e inizia a mordere per comunicare i suoi stati d’animo.
Per un bambino che ha meno di due anni, pertanto, mordere è un fatto del tutto normale, è addirittura un bisogno, e come tale non va negato; noi adulti possiamo aiutarli offrendogli oggetti morbidi da potere mordicchiare in tutta tranquillità.
Possiamo dire che a questa età i bambini mordono per scoprire il mondo e non hanno alcuna intenzionalità aggressiva, che invece subentra subito dopo.
Come devono comportarsi gli adulti quando i morsi sono rivolti ad altri bambini o ai genitori?
1. Devono reagire, non bisogna stare al gioco, né ignorare la cosa
2. Non ridere quando il bambino li morde, altrimenti potrebbe scambiarlo per un gioco
3. Spiegare al bambino che mordere fa male
4. Manifestare al bimbo il proprio disappunto, con delicatezza e fermezza insieme
5. Usare un “No” deciso, soprattutto se il bimbo è molto piccolo

In sostanza, il metodo che ci sentiamo di consigliare a voi genitori è il dialogo con il bambino, spiegargli che i morsi recano dolore ad adulti e bambini e magari fargli vedere con i suoi occhi le conseguenze derivanti dai morsi.

Separazione: come spiegarlo ai bambini

Separazione cosa dire ai bambinidi Alessandra D'Alessio (Psicologo clinico)

Nei casi di separazione è sempre auspicabile un sostegno alla genitorialità, soprattutto quando la coppia ha figli.
La separazione infatti è un percorso e come tale deve essere affrontato.
Può infatti capitare che la coppia decida di separarsi, ma non per questo motivo deve separarsi la coppia genitoriale, se si vuole salvaguardare il benessere psicologico dei bambini.
Per riuscire a preservare (per quanto possibile) la serenità dei bambini è fondamentale rivolgersi ad esperti, in modo da evitare o quanto meno allontanare sentimenti negativi, come angoscia e paura.
Con l'aiuto di un team di esperti sarà possibile fissare degli obiettivi, accompagnando la coppia al  raggiungimento degli stessi e aiutarla a risolvere questioni irrisolte, sia di ordine emotivo sia meramente pratico.
Solo in un secondo momento si potrà comunicare ai bambini la scelta dei genitori di non vivere più insieme e vediamo come:
1. Trasmettere serenità al bambino. Vedere i genitori tranquilli, lo porterà ad esserlo a sua volta. Al contrario percepire tensioni, lo porterà a sviluppare sentimenti di insicurezza e angoscia.
2. Raccontare ai bambini la storia dei genitori, la scelta di costruire una famiglia e avere dei bambini come atto d'amore. Questo lo farà sentire amato a prescindere dalla separazione della coppia
3. Spiegare ai bambini la decisione della separazione della coppia, ma non dei genitori.

In particolare, infatti, il bambino si sentirà rassicurato dal fatto che la coppia genitoriale (mamma e papà) continuerà a volersi bene e ad essere sempre presente per lui.
Si raccomanda, inoltre, di prestare attenzione al possibile cambiamento del comportamento del bambino dopo la notizia. Bisognerà osservare eventuali segni di inquietudine, insonnia o inappetenza. Nel caso si manifestassero episodi di irrequietezza, silenzi prolungati sarà necessario dedicargli uno “spazio di parola” in cui condividere le emozioni, in modo da arrivare alla rassicurazione delle sue paure. Il bambino deve essere sicuro di poter contare su entrambi i genitori, li deve considerare un porto sicuro e un faro luminoso durante la sua traversata di nome vita!

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